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Non bastano le parole per descrivere esaustivamente il tripudio di bellezza sprigionato dalla stanza di Botticelli. La Primavera e la Nascita di Venere meritano un approccio emotivo, intimo, personale, contemplativo.
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La nascita di Venere è un monumento all'ideale di bellezza femminile. Due divinità dei venti la spingono a terra, mentre una delle Ore, le dee delle stagioni, apre un mantello per ricoprirla.
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La dea Flora vestita da un abito ornato da fiordalisi, rose e garofani sparge i fiori che ha in grembo. Venere che si staglia al centro, davanti ad un cespuglio di mirto, rappresenta l'Umanitas, la benevolenza che protegge gli uomini.
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Il quadro mostra il regno della dea dell'amore, nel quale sostano la Primavera con la sua ricchezza di fiori, e Amore. Il dipinto fu eseguito per Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, probabilmente per le sue nozze.
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Uno sfondo dorato che sottolinea la superficie piatta si dilata con glorie angeliche dietro la Madonna.
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In grembo alla madre, Gesù bambino sfiora un melograno, frutto dai molteplici significati simbolici, i cui chicchi rossi richiamavano il sangue versato da Gesù per la salvezza dell'umanità.
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Destinata alla devozione privata, la tavola mostra il santo intento a scrivere nell'intimità del suo studio. Ai piedi del santo sono sparsi fogli accartocciati, che sottintendendo la difficoltà nel tradurre in parole l'ispirazione divina.
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A dx il Re Mida, mal consigliato dal Sospetto e dall'Ignoranza, si accinge a giudicare il calunniato, trascinato per i capelli dalla Calunnia e accompagnato dalla Frode, l'Insidia e il Livore.
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Sulla sx, la Penitenza guarda alla Verità, nuda e con lo sguardo levato al cielo. La rappresentazione ha per soggetto Apelle, il famoso pittore dell'antichità, accusato dal collega Antifilo di aver partecipato a una rivolta contro il re egizio Tolomeo IV.
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La pittura murale proviene da una loggia dell'ospedale di S. Martino alla Scala a Firenze, antica istituzione destinata all'accoglienza degli orfani.
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Il quadro rappresenta la lotta della purezza contro la lussuria. Sull'abito di Pallade, dea della saggezza, è raffigurato, come elemento decorativo, l'emblema della famiglia Medici: 3 anelli intrecciati fra loro.
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Al centro della tela, in piedi su di una conchiglia che scivola sulle onde di un mare lievemente increspato, Venere ha la posa tipica della Venus pudica e richiama le statue dell'epoca classica.
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Giuditta torna a Betulia, dopo aver ucciso il condottiero assiro Oloferne, il cui cadavere giace orrendamente mutilato. L'eroina ebraica è accompagnata da un'ancella che porta la testa del guerriero nemico.
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Come in una apparizione celeste, la Vergine siede in una mandorla, emblema di gloria, formata da una moltitudine di serafini. Il carattere trascendente della composizione è accentuato dalla raggiera dorata sullo sfondo.
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È un racconto mitologico che richiama i fasti di Ovidio denso di riferimenti letterari, filosofici e iconografici. Zefiro insegue la ninfa Clori dalla cui bocca fuoriescono fiori e la feconda con un soffio trasformandola nella dea della primavera: Flora.
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Venere, nata dal mare, raggiunge l'isola di Cipro su una conchiglia sospinta dal vento Zefiro e dalla brezza Aura ed è accolta da una delle Ore, le ninfe che presiedono le stagioni, che le offre un mantello fiorito per coprirsi.
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Occhi da lince, mai visti così dipinti.
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Il giovane, la cui identità è ignota, tiene fra le mani una medaglia in stucco dorato con l'effige di Cosimo il Vecchio (1389-1464).
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Prima opera documentata del Botticelli. La Virtù è raffigurata come una giovane donna che sotto la veste leggiadra indossa una corazza e regge nelle mani il bastone del comando senza però impugnarlo.
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Commissionata da Gaspare di Zanobi del Lama per la sua Cappella dedicata all'Epifania in Santa Maria Novella a Firenze, la tavola rende omaggio alla famiglia dei Medici.
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Incoronata dagli angeli, la Vergine è raffigurata in atto di scrivere; essa è sul punto di completare le ultime righe di un libro, sorretto da 2 angeli: il cantico "Magnificat anima mea Dominum (la mia anima magnifica il Signore).
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La Primavera rappresenta l'arrivo e la celebrazione della stagione. Al centro di un aranceto appare, sul prato costellato di fiori, Venere, la dea dell'amore, in volo sopra la quale il figlio Amore, con gli occhi bendati, scaglia i suoi dardi.
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Le 3 Grazie, compagne di Venere, danzano leggiadre in girotondo. Al loro fianco è raffigurato Mercurio, il messaggero degli dei: è riconoscibile dai suoi calzari alati, nonché dalla bacchetta che porta nella destra alzata.
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Venere è in piedi al centro su una conchiglia galleggiante sull'acqua. La schiuma da cui esce si era formata attorno ai genitali del Dio del cielo Urano, evirato dal figlio Crono, che li aveva tagliati e gettati in mare.
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L'opera è ispirata a un dipinto eseguito nell'antichità dal pittore greco Apelle.
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L'immagine di Venere appare come una statua antica. Il morbido modellato del suo incarnato bianco e luminoso, ricorda il marmo, mentre nel suo atteggiamento ritroviamo l'antica scultura della Venus Pudica.
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Nel dipinto non è rappresentata la nascita della dea dell'amore, come fa pensare il titolo, bensì il suo arrivo all'isola di Citera, sulla cui costa sarebbe approdata dal mare dopo la nascita.
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Sul lato sx vola il dio del vento Zefiro, stretto alla brezza Aura. Entrambi sono intenti a spingere verso terra la dea dell'amore, che viene accolta da una delle Ore, le dee delle stagioni, che apre per lei un mantello.
dalianera:
Maria e l'angelo Gabriele si incontrano in uno spazio le cui pareti di pietra serena grigia contrastano efficacemente con le lastre rosso acceso, separate da strisce chiare, del pavimento.